Italian Folgorati è la serie di Noisey ideata da Demented Burrocacao che indaga negli angoli più nascosti della discografia nazionalpopolare italiana—gli album più strani, i personaggi più enigmatici e gli eventi più bizzarri della storia musicale del nostro Paese.
Questa settimana Italian Folgorati è approdato in video, e il primo episodio contiene un incontro con Amanda Lear, cantante, attrice, modella, pittrice, musa e icona vivente. Qua sotto potete leggere la trascrizione integrale dell'intervista che ci ha rilasciato.
Noisey: Allora Amanda…
Amanda Lear: Bonjour!
Bonjour a te! È un piacere vederti, io sono un tuo grande fan. Perché sei una persona speciale, un'icona...
Ma l'icona sta al cimitero!
Ma no! Intendo che sei un simbolo dell'eclettismo in tutte le sue forme.
A me sembra una qualità, ma la gente fa fatica a inquadrarti, a darti un'etichetta… Cosa sei: cantante, attrice, pittrice? Sono eclettica, faccio di tutto. E lo faceva pure Jean Cocteau, però di lui dicono che era un genio. [Ride] Non abbiamo, quindi, pare, il diritto di fare diverse cose: dobbiamo essere o questo o quello. Anche nella musica: se fai disco allora non fai R&B. Ma perché dobbiamo assolutamente essere rinchiusi in una scatola?
Forse è perché essere spiazzanti come te dà fastidio all'industria.
Ah sì, per loro è più difficile. Però io mi annoio. Una delle cose più importanti della mia personalità è che io mi annoio subito. Cioè se faccio la stessa cosa per più di una settimana o due mi viene da dire "Ancora? Uh! Che palle!" [ride] E siccome mi annoio velocemente, penso sempre di annoiare la gente. Dunque dico: se loro mi rivedono ancora a fare la stessa cosa, lo stesso tipo di musica, lo stesso atteggiamento e pettinatura, diranno: "Uffa, ancora lei, mamma che palle!" E quindi, per non stancare il mio pubblico, penso di dovermi rinnovare ogni tanto, cambiare strada, sorprendere.
E per te il fatto di sorprendere è passato anche per la frequentazione di personaggi che sotto sotto erano sulla tua stessa lunghezza d'onda, ma che a una prima impressione sembravano venire da mondi inconciliabili col tuo, no?
Sì, ma un po' come un camaleonte bisogna adattarsi ai cambiamenti del tempo, se no diventa tutto sclerotico, sempre lo stesso.
E questo ha a che fare anche con la tua genialità, mentre tu vieni sempre associata alle tue storie con Bowie, con Dalí...
Eh sì! L'amica di Bowie, la musa di Salvador Dalí, lanciata da Berlusconi, la regina della disco e Tomorrow... Tomorrow... [canta]. La gente mi vede per strada e fa "Amanda Lear! TOMORROW!" Ma è possibile che dopo trent'anni...? Questo vuol dire che quel lato del mio personaggio ha avuto un impatto tale da rimanere fissato nella gente. È strano—Salvador Dalí mi diceva sempre: quando incontri qualcuno gli devi dare un gran calcio nello stinco. Fa un male della madonna e questo si ricorderà per tutta la vita di te. Se invece sei carina e fai un bel sorriso, la gente se lo scorda. Questo è un modo per dire che bisogna fare un colpo grosso, una specie di provocazione, uno scandalo, così la gente poi sicuramente se lo ricorda.
Infatti tu sei stata fondamentale per far passare un nuovo modello di donna in Italia, più scioccante.
All'inizio vivevo in Inghilterra, e là a quei tempi la moda per le cantanti era tipo Olivia Newton John: carina, biondina… Quindi mi sono detta: non voglio assolutamente essere quel tipo di cantante lì. Io volevo cantare tutta coperta di pelle nera, cattiva, con le catene… e ho fatto la copertina dei Roxy Music con questa immagine, tutta vestita di pelle nera, tacchi a spillo lunghi così, una pantera nera al guinzaglio... Era un'immagine di donna nuova.
La copertina l'hai pensata tu?Era un'idea di Brian Ferry, con cui all'epoca stavo, mia e del fotografo Karl Stoecker. Quest'immagine di donna più cattiva e aggressiva è piaciuta tantissimo e ho cominciato a lanciare delle ragazze rock tipo Chrissie Hynde, Siouxie and the Banshees, Suzi Quatro… prima nessuna lo faceva.
Quando sono arrivata in Italia mi sono accorta che in televisione il mattatore era l'uomo, che ne so, tipo Baudo. E gli affiancavano una o due belle ragazze che sculettavano, carine, un po' ochette... Il tipo di donna che rappresentavo io invece faceva un po' paura. Pensa che tutte le case discografiche a cui mandavo i demo dicevano: "Ma no, così aggressiva lei fa paura!" Non erano convinte. E soltanto i tedeschi si sono svegliati, perché al tedesco è sempre piaciuto quel tipo di donna stile Marlene Dietrich, cioè la biondona che fuma in un cabaret di Berlino, la voce ruvida, un po' femme fatale. E loro dissero: a noi piace questa immagine, ma visto che siamo nel '78 e va forte La Febbre del Sabato Sera, signorina, lei deve fare disco.
E poi c'era un collegamento fra disco ed erotismo... e la tua presunta ambiguità sessuale che tanto ha fatto chiacchierare.
Sì, e lì è incominciata la mia tragedia [ride]. L'idea di non dare coordinate precise sulla mia sessualità era stata di Dalí, una cosa surrealista. Ma tornando alla disco, io pur di avere una casa discografica accettai. Firmai un contratto di sette anni, dicendo "guardate che io voglio fare il rock'n'roll!" E loro: "No, no, per ora no, ne parleremo dopo".
Volevi fare il RUOCK insomma!
Eh sì! Mi piaceva Elvis Presley, mi piaceva il ta-rara-ta-rà di Bo Diddley... e invece no, dovevo fare disco, sculettare, essere sexy... volevano trasformarmi nella Grace Jones bianca.
Eravate contemporanee.
Sì, ma più che altro rivali. C'erano Thelma Houston, Abba, Boney M... e io ho trovato la disco, che tipo boh, [ride] non era tutta 'sta gran musica. Però sai, ai tedeschi piace quella roba. Infatti tutto il movimento disco era nato a Monaco di Baviera con Moroder.
E Geoff Bastow che poi ha lavorato con te...
Sì. Io lo trovavo pesante, però visto che avevo firmato il contratto, dovevo farlo. L'unico vero problema della musica disco, comunque, era che le parole facevano schifo. Prendono una parola e la ripetono per dieci minuti, tipo "I love to love you baby", Donna Summer che urla per venti minuti la solita parola… o "Voulez-vous coucher avec moi". Insomma, i testi non mi piacevano. Dunque, visto che io sono autrice, ho detto: cercherò di scrivere delle parole interessanti. Però è stato un errore perché era un tipo di musica in cui la gente non ascoltava proprio le parole! Niente da fare!
A proposito del tuo ruolo di autrice: quali sono le tematiche dei tuoi pezzi? A me sembrano eccezionali.
Il titolo del primo LP viene dal fatto che David Bowie si era innamorato della mia fotografia… non era innamorato di me.
Ma come?!
Siamo ben chiari: lui ha visto la mia foto sulla copertina dei Roxy Music e ha detto "questa ragazza mi piace, la devo conoscere assolutamente". Era innamorato di una foto! Non di me. Per questo quando ho fatto il primo LP l'ho intitolato I Am a Photograph: sono solo una foto su carta, patinata, bella pulita, ritoccata.
Insomma, tutto sommato una critica.
Era un riflessione sul mio passato e sulla frustrazione di essere una fotomodella. Essere una fotomodella è una cosa terribile. Non puoi aprire la bocca, devi star zitta, sorridere, far vedere 'sti denti, perfetta, il mento bello alto... e appena apri la bocca NO! Shh! Zitta! E dunque a un certo punto ti chiedi: ma chi sono? Sono solo un'immagine, un'apparenza? Ma io ho anche delle cose da dire. E questo mi faceva veramente soffrire tantissimo.
Quando ho incominciato a cantare finalmente potevo esprimermi. Lasciamo perdere tutto il resto, il pop, la disco, tutta quella roba: va bene tutto, devo esprimermi. Però ho messo delle parole su un tipo di musica che era solo per ballare. Nessuno ascoltava quello che dicevo. È un tipo di musica che ascolti in ascensore, ma nessuno si siede con un whisky e dice "sentiamo un po' che cos'ha da dire questa".
Ma sai che invece adesso è cambiata la cosa? Penso che oggi ci sia più voglia di ascoltare anche i testi di quelle cose là.
Perché son vecchi! [ride] Non mi far dire queste cose, che poi non posso più mettere piede in discoteca.
In effetti la disco degli anni Settanta è diventata una cosa da intenditori, decontestualizzata. Ormai si colgono anche gli spunti di ricerca.
All'epoca io cercavo sicuramente di raccontare qualcosa. Il primo disco raccontava la dura vita di una fotomodella con le sue illusioni, per il secondo invece quando ho visto il successo che avevo con questa etichetta tedesca, mi sono ricordata della famosa storia tutta tedesca di Faust. Lui vende l'anima al diavolo per avere gloria successo e immortalità, e ho pensato che fosse un po' il mio caso—quindi ho raccontato la storia di una ragazza che vende l'anima al diavolo per diventare famosa. Sweet Revenge, la dolce vendetta, mi vendicherò di tutti perché sarò ricca famosa.
Il titolo di punta era "Follow Me" sulla quale il mio produttore Anthony Monn mi fece cantare il più basso possibile. Ricordo che David Bowie mi aveva pagato delle lezioni di canto da una tipa a Londra che si chiamava Florence Norberg e lei mi tirava fuori proprio la voce giusta: gorgheggi, scale, la-la-la, più alto! Più alto! E quando sono arrivata in sala d'incisione a Monaco di Baviera, Anthony mi ha detto: "Ma cos'è 'sta roba?" E io ho risposto che mi avevano insegnato così. E lui mi fa: "Ma non la voglio io 'sta voce, abbassa la tonalità... ancora più bassa!" E fu così che alle quattro di mattina, dopo fumato dieci sigarette e trenta whisky, mi sono ritrovata con questa voce d'oltretomba, ed è questo che i tedeschi volevano.
Quindi è stata un'idea di Anthony Moon?
Sì, è lui che ha fatto "Follow Me" e i primi cinque dischi.
Tutti dischi che suonano benissimo.
Guarda, ti dirò: io non mi aspettavo per niente di avere successo, ma è arrivato. E così la casa discografica ha voluto continuare; squadra che vince non si cambia, no? Visto che abbiamo avuto successo, dobbiamo fare un altro disco uguale. E io mi chiedevo fino a quando avrei dovuto continuare a fare questi dischi disco music tutti uguali.
Poi è arrivata la rottura definitiva, giusto?
Un bel giorno ho incontrato i Kraftwerk, e con loro tutta altra gente che faceva un tipo di musica elettronica, ma diversa da questa disco tradizionale. Così ho detto alla casa discografica che io volevo lavorare con questa gente, perché se mi propongono di lavorare con loro, per me è un'opportunità di progredire e voglio sfruttarla.
I Kraftwerk ti avevano proposto di collaborare?Sì, hanno scritto una canzone su di me, si chiamava "The Model" [la canta].
Ah, accidenti! Non sapevo parlasse di te!
Yes! [Ride] Ma la casa discografica mi ha detto "No, tu non devi cambiare assolutamente!" Allora io mi sono rotta di fare la regina della disco music e ho stracciato il contratto. Mi rimanevano altri due anni da fare, quindi c'è stata una causa che è durata parecchio, e mentre ero in causa ero senza casa discografica. Insomma, è stato un passaggio difficile, ma dovevo liberarmi di quell'immagine.
Però i due dischi più wave/rock sono sempre collegati a questo periodo, o no?
Poi abbiamo cambiato e sono venuta in Italia.
Incognito, ad esempio, non è stato mai ristampato. È questo il motivo?
Certi pezzi non sono addirittura mai usciti. Per esempio, avevo fatto una cosa con il produttore dei Frankie Goes To Hollywood, Trevor Horn, avevamo inciso un disco.
Eccezionale! E dov'è finito?
Sono andata a Londra in studio da lui, mi fa ridere ripensarci perché io sono entrata e ho detto: "Ma dove sono gli strumenti?" E lui fa: "Ma quali strumenti, io non lavoro con gli strumenti!" Aveva solo sintetizzatori, Fairlight, macchine elettroniche. Mi ha fatto cantare e mi ha detto di andare a casa, e io dicevo: "Ma veramente..." e lui: "No, no, la tua voce ce l'ho!" Ce l'aveva nella voice box, poteva cambiarla come voleva, trafficare con ogni cosa... insomma, era tutto elettronico.
A me piaceva e non piaceva [ride], però alla fine abbiamo inciso un pezzo insieme che poi la casa discografica naturalmente ha rifiutato. E io dicevo: ma è Trevor Horn! Ma loro non volevano cambiare. E questo mi faceva soffrire, perché non riuscivo a fare veramente quello che volevo.
E chi ce li ha i demo di questa roba?
Beh, penso ce li abbia Trevor Horn. Poi c'è anche la demo con David Bowie che si chiamava "Star", anche quella mai uscita.
Quella canzone ce l'hai tu?Io non ho niente, non ho neanche un disco mio! [Ride]
Torniamo alla rottura.
Sono arrivata in Italia e ho cambiato casa discografica, ho fatto altre cose, un album con degli americani che si chiamava Secret Passion.
Mi piace molto quell'album.
E poi mi hanno proposto quest'album che si chiamava
Tam Tam. A quel punto era arrivato Berlusconi e io ero la grande star del sabato sera, ed era un periodo molto nuovo per la TV italiana, pimpante, tutto lustrini e paillettes, c'era il primo seno nudo in TV... Molte novità. E quindi ho avuto l'opportunità di avere questi bei video, e abbiamo fatto
Tam Tam in Italia. Non è piaciuto a nessuno.
Ma il La per Tam Tam l'hai dato tu? Hai cercato tu Cacciapaglia per produrlo?
Yes, assolutamente! Sai, per me l'Italia per me è sempre il paese della musica, senza dubbio. Ho incontrato della gente, tipo Toto Cutugno, che mi diceva: "Amanda, ti scrivo una canzone che farà emozionare tutti, ma lascia perdere i ballerini, stai tu da sola con un jeans a cantare veramente con la tua voce". C'è voluto un po' di tempo per farlo, tipo trent'anni [ride].
Un paio di anni fa ho trovato questo produttore a Parigi che mi ha detto chiesto che cosa volessi davvero fare. Io voglio cantare: ho una voce che forse è migliorata con il teatro, perché sono in teatro da sette anni, la voce è un muscolo. Tutte le sere faccio lavorare questa voce senza microfono, mi devono ascoltare fino al terzo balcone, hanno pagato 12 euro, ma hanno il diritto di ascoltarmi! LA VOCE SI E' RINFORZATA [grida]. E quindi forse posso cantare un po' meglio.
Abbiamo preso quest'orchestra di venti musicisti e per la prima volta sono entrata in una sala d'incisione e ho visto dei tipi col papillon, avevano violini, violoncelli, arpa, pianoforte e io: "Eh la madonna!" [ride] Io non avevo mai visto un'orchestra classica così, che aspettava me. Poi lì non puoi scherzare e dire vabbè, ragazzi, ricominciamo; mi sono sbagliata—no, tu la canzone la fai dall'inizio alla fine, la devi cantare tutta. Quindi per me è stata un'esperienza nuova e mi è talmente piaciuta che mi sono innamorata del violino. Voglio passare tutta la vita con dei violini che m'inseguono per la strada [ride]. È stata una svolta, devo dire, e finalmente ho scoperto di poter cantare altra roba invece del tunz tunz.
Infatti nel tuo ultimo disco si sente che canti su tonalità più alte…
Sì, nella mia ultima fatica, Let Me Entertain You, l'idea era di fare uno spettacolo. Siccome tutti i miei fan mi chiedevano quando sarei tornata sul palcoscenico, e io rispondevo sempre: "Ma come, sono in teatro!"? Mi sono detta: vabbè, faccio un concerto in teatro musicale. Ci sarà un tipo all'inizio che dirà "signori e signore, ecco a voi Amanda Lear". Forse canterò un paio di vecchi brani perché i fan li devono riconoscere, presenterò anche un periodo disco che ha fatto parte della mia vita, poi presenterò dei brani nuovi…
A questo proposito: qual è il tuo rapporto con Gianluca De Robertis de Il Genio?Un paio di anni fa mi chiama sto ragazzo che mi propone un duetto con lui. Io non lo conoscevo.
Ah, ti ha chiamato lui?
Sì, mi ha cercato lui. Io gli dissi che ero a Parigi da sette anni e non conoscevo i nomi emergenti in Italia, poi ho sentito "Pop Porno" e ho detto ok. Dunque ho sentito la sua voce, mi è piaciuta tantissimo e abbiamo fatto questo primo duetto che si chiamava "Mai più".
Che si trova nel suo disco.
Esatto. Per il mio nuovo LP lui ha scritto questo nuovo duetto che si chiama "Prima del tuo cuore". Mi piace molto, la sua voce è molto sexy. Poi mi ha fatto sapere che la nuova generazione di cantanti, di ragazzi italiani, s'interessava a me. Non mi vedono come roba vecchia, anzi, s'interessano.
Beh, si può dire che alcune cose de Il Genio siano molto influenzate da te.
Sì, ho tanti eredi. L'altro giorno mi guardavo Rihanna, Beyoncé, Miley Cyrus; sono le mie eredi! Sono le mie figlie! Cioè, il mio atteggiamento di trent'anni fa era così. Di fare scalpore, di mostrare le gambe, solo che adesso le cantanti, se non sculettano mezze nude con dei ballerini intorno, non fanno spettacolo.
Poi mi hai detto che, infatti, Madonna ti copia gli zigomi, giusto?
[Ride] Sì! Se li è proprio comprati! Sai, Madonna è brava perché riesce ad acchiappare a destra e a sinistra idee, cose, spunti, e il risultato finale è un bello spettacolo. Solo che non è una cantante, fa spettacolo.
Secondo questa distinzione, tu ti ritieni soprattutto una cantante?
No, il discorso è che una vera cantante è una tipa davanti a un microfono, con un bel vestito, che canta. Ecco. Mina, Ornella Vanoni. Anche Lady Gaga sarebbe una brava cantante, ma una che arriva con un ventilatore e i capelli che volano non sta cantando una canzone. T'immagini Mina con un ventilatore dietro? Non è possibile. Dunque è tutto un altro tipo di spettacolo, che a me non interessa più fare.
Per esempio, allacciandomi a questo e alle tue colleghe: io ricordo che nel '79 Patty Pravo fece il Munich Album, in cui sembra ci sia una leggera imitazione delle tue gesta.
Sì, ma devi sapere che c'era una paranoia generalizzata di essere copiate. Patty Pravo diceva che la Rettore la copiava, la Rettore diceva che Amanda Lear la copiava, la Bertè diceva che tutte copiavano lei. C'era questa mentalità terrificante, anche perché il look era diventato improvvisamente importante per una cantante, mentre prima non era così. All'improvviso sono arrivati gli stilisti, e allora "il mio stilista ha deciso che il mio look per Sanremo è un segreto", oppure "lo stilista ha svelato tutto e allora come sarà la nuova pettinatura di Patty Pravo?" Per dire. E allora era diventato più importante il look della canzone. Ed è sbagliato!
Ma a parte il look, parlavate anche di musica fra voi, di suoni?
Ma certo! Ci incontravamo spesso perché era il grande boom delle tournée, ora non si fanno più così. Allora l'unico modo di farsi vedere era quello di fare le tournée in discoteca—i vari Picchio Rosso, Picchio Verde, Macumba, La Tana del Lupo, Rimini, Riccione. Stavamo in giro tutta l'estate per cui ci incrociavamo dappertutto, c'erano anche Renato Zero, Ivan Cattaneo... Era divertente perché a volte andavamo tutti a mangiare una pizza dopo lo show. Mi ricordo di aver giocato a carte con Mina, è bravissima.
Ma anche con i soldi?
Certo!
È grazie a queste frequentazioni che si è affinato il tuo talento per intervistare i tuoi colleghi? Ora io sono qui che intervisto te, però per molto tempo tu sei stata dall'altra parte della barricata.
Sì, piacevo alla TV per la mia ironia. Io adoro ridere, non posso concepire la vita senza una bella risata, è il minimo per la salute. Dunque, dato che avevano visto questa mia qualità ed ero capace di parlare molte lingue (tedesco, inglese, francese, italiano, spagnolo), mi hanno chiesto di intervistare, che ne so, Tina Turner, Aznavour… sono passata alla Rai e abbiamo trovato questa idea che era "Cocktail d'Amore". Il concept era ritrovare delle vecchie star e vedere che fine avevano fatto. Era gente che non si vedeva in TV da un po', mi ricordo quando ho intervistato Loredana Bertè ed è arrivata con i capelli azzurri.
Ah, e che le hai detto?
Le ho detto: "Ma sei fusa!" E lei "Fusa a me? Ma che c'hai, gli specchi de legno a casa?" [ride] Però era divertente intervistare le mie colleghe.
Ma anche i colleghi! Come ad esempio la bellissima intervista con Battiato.
Sì, andai a casa sua in Sicilia.
E lì parlate di droga, dite che all'epoca ci si drogava per ampliare la coscienza, a differenza di oggi.
Noi ci drogavamo per fare arte. Si diceva che il fatto di prendere acidi, LSD eccetera stimolava la creatività, perché avevi le visioni.
Tu l'hai preso, giusto?
Ma sì, come tutti! Cioè, io sono di una generazione che a Londra uno che non fumava almeno una canna lo guardavano male. E allora tu devi assolutamente provare questo e quello, ero appena arrivata dall'America—"prova questa pillola, vedrai che meraviglia". Si pensava che facesse diventare dei gran creativi.
Poi Salvador Dalí mi ha detto che queste cose non esistono. Cioè lui non si drogava per niente, lui beveva l'acqua minerale e mi diceva: "Guarda, io bevo quest'acqua e ho le stesse visioni. Vuoi vedere gli arcobaleni? Bevi l'acqua minerale, arcobaleni dappertutto. Vuoi vedere gli elefanti che volano? Un sorso di acqua minerale e ne vedi quanti ne vuoi" [ride]. Insomma, mi ha insegnato che non c'è bisogno di una cosa chimica per stimolare la creatività.
Infatti questa maglietta che indosso ora è proprio una citazione di Dalí: "I don't do drugs, I am drugs".
Sì, è sua. E dunque ha fatto di tutto per farmi smettere di prendere droghe. Siccome avevo dei problemi con gli occhi, mi ha portata a Barcellona da un grande specialista che mi ha detto: "Se lei continua a drogarsi diventerà cieca". Sì perché vedevo dei flicker, degli sfarfallii negli occhi, e così ho smesso di drogarmi. Non è stato un problema, basta volerlo.
E quindi invece che ne pensi dell'uso delle droghe che fanno oggi i giovani?
Mah, secondo me i giovani di adesso la vivono al contrario. Siccome sono infelici, disoccupati o che ne so... brutti, si drogano e pensano che questo migliorerà la situazione. La droga non ha mai migliorato nessuna situazione. Alla fine quando esci dal famoso trip della droga ti ritrovi sempre come prima, disoccupato e infelice.
Ma Dalí mi diceva una cosa divertente: quando si festeggia, champagne per tutti! Non è che tutte le mattine bevi champagne perché sei depresso. Festeggi perché tutto va bene, allora bevi champagne. La droga dovrebbe essere così: lui diceva che quando tutto va bene ha senso drogarsi per festeggiare.
E tu sei stata una droga per Dalí?
Mah, questa storia della musa è una cosa molto strana. Il fatto di stare vicino all'artista e stimolare la sua inventiva potrebbe essere come una droga. Certi artisti dicono di non essere in grado di dipingere o di creare se non hanno vicino una determinata persona. Dunque è vero che alla fine ti succhiano un po' l'energia, un po' come dei vampiri. Ho fatto un sacco di cose per Dalí, ho disegnato un intero set per un film una volta. È arrivato il produttore di James Bond e voleva che Dalí gli facesse un set di tarocchi. Dalí non aveva la minima idea di cosa fossero i tarocchi, dunque ha dato a me il compito di farli. Quindi mi sono messa in un angolo e ho disegnato tutte le carte, con l'imperatore, la ruota della fortuna… Dalí è arrivato, ci ha incollato sopra tre farfalle, ha firmato Dalí e io gli ho detto: "Guarda che è un po' una truffa, 'sta cosa", e lui: "Ma no!"[ride]
Ma tu dipingi ancora?Sì! Io facevo Belle Arti. Sai, quando ho incontrato Dalí volevo diventare pittrice. Lui non mi piaceva per niente, a me piaceva Picasso [ride], dunque non conoscevo la pittura di Dalí, non m'interessava. Però una sera me l'hanno presentato, facevo ancora la modella, ero tutta truccata un po' da vamp, le ciglia finte, alta e magra. Per fargli capire subito che non ero soltanto una modella dico: "Guarda che io faccio Belle Arti, sono anch'io una pittrice. Praticamente siamo colleghi!" Capito, colleghi! E questo mi ha guardato male e mi ha risposto: "Guardi signorina, le donne non sanno dipingere. Non mi parli della sua pittura, non esiste; lei non è mia collega!"
Lui era un po' maschilista su queste cose...
Un po'? [ride] Macho spagnolo totale! E io gli ho detto che le donne pittrici erano sempre esistite, e lui diceva di no, e io citavo Frida Khalo, Dora Maar... Dice: "No, no, no, la donna pittrice fa dei fiori e dei bambini che piangono. Non c'è mai stata una donna pittrice a dipingere la cappella Sistina". E io: "Certo, la lasciavano in cucina!"
E come hai fatto a farlo rinsavire?
Ci sono voluti almeno dieci anni. Finché un bel giorno ero con lui, come tutte le estati, a Cadaqués, a leggere Proust mentre lui dipingeva; pioveva, ero agitata, avevo appuntamento col fidanzato che non era venuto, ero incazzata nera, nervosa. A un certo punto Dalí mi dice: "Guardi, lei oggi è insopportabile (mi dava del lei); deve fare qualcosa per tranquillizzarsi. Lei dipinge, giusto?" E io rispondo di sì, si ricorda, ho fatto Belle Arti. Così mi ha dato una tela bianca, i suoi colori, i suoi pennelli e mi ha detto: "Dipinga". Allora io mi sono messa in un angolino, zitta zitta, e ho cominciato a dipingere. Non si sentiva più volare una mosca. Dopo un'oretta è venuto a guardare, si sporgeva da dietro le mie spalle, e ha urlato: "Fermati!" E io ho protestato perché non era finito. E lui mi ha detto che non si deve mai finire un quadro. Se lo finisci vuol dire che è fatto male. Se invece lo lasci a metà, si può sempre pensare che avrebbe potuto diventare un capolavoro. Poi l'ha guardato meglio e mi ha detto: "Sai che non è male, per una donna?" È stata la prima volta che ha voluto vedere un mio quadro. E poi ho continuato a dipingere, ho fatto delle mostre anche recentemente. Dipingevo un sacco di nudi, nudi maschili. Senza modelli, eh, tutto a memoria. [Ride]
Hai mai suonato uno strumento?
No, io scrivo le parole delle mie canzoni. Ho provato a comporre due o tre pezzi di musica che ho anche inciso, tipo "Miroir". Ma non sono una musicista, sono una cantante e soprattutto un'attrice. Sai, in Germania si chiama "Sprechgesang", vorrebbe dire parlato/cantato. Come un'attrice quando canta in modo articolato, vive la tua canzone, fa passare l'emozione; per farlo ci vogliono bei testi che puoi interpretare, come quelli di Brel, Gainsbourg. È questa la direzione in cui mi piace andare: il cabaret.
E, infatti, quando hai collaborato con i CCCP Fedeli Alla Linea anche Ferretti aveva questo stile di recitar cantando, diciamo. C'era affinità.
Ah, sì! Io non li conoscevo questi CCCP Fedeli Alla Linea, mi sono arrivati addosso e mi hanno detto che volevano rifare "Tomorrow". E io dico: "No no, di 'Tomorrow' non ne posso più. Ci ho pagato l'affitto, ora basta". E loro mi dicono di non preoccuparmi, che ci pensano loro, così siamo finiti a fare questa specie di parodia di "Tomorrow". Poi con "Inch'Allah-ça va" sono stata a cantarla con loro dal vivo e tutti i loro fan sono rimasti a bocca aperta vedendo arrivare l'Amanda Lear.
Anche perché loro avevano un pubblico punk.
Sì, erano completamente punk. Mi fa sempre piacere che dei ragazzi così pensino a una collaborazione con me. Ogni volta che incontro Jimmy Somerville, Boy George e tutti questi gruppi inglesi, mi fanno: "Amanda, ma quando lavoriamo insieme?"
Eh non puoi dar retta a tutti, ci vorrebbe tutto il tempo del mondo!
Ma guarda che io sono disponibile. Siccome, come ti ho detto prima, mi annoio, sono pronta a prendermi dei rischi. Un domani, un duetto con uno che proprio nessuno si aspetta.
Però vedi, anche nel caso dei CCCP, col famoso recitar cantando, hai in qualche modo anticipato un certo modo di porsi vocalmente.
Trent'anni fa ho fatto una canzone che si chiamava "Alphabet". Mi era venuta l'idea di scrivere un verso per ogni lettera dell'alfabeto. "A perché sei un amico, B perché sei…" Ed è così che mi sono inventata il rap, o lo slam, insomma, questo modo di parlare in musica. Ed è quello che fanno oggi i ragazzi. "Alphabet" è piaciuta molto, non ho mai capito il perché, secondo me non era tutto 'sto granché.
Perché il testo era ammiccante, pruriginoso. A proposito, parlami del film che hai fatto con Joe D'Amato, "Follie di notte".Bell'imbroglione, quello! Siccome ero appena arrivata in Italia, mi ha convinta che Cinecittà mi avrebbe aperto le porte e sarei diventata una star del cinema. Abbiamo girato al Piper, a Roma, io che cantavo "Follow Me", lo vedevo un po' come un film sulla mia musica. Poi mi dice: "A un certo punto tu esci dalla macchina con un vestito stupendo e dici agli spettatori: 'Adesso vi faccio visitare la più bella parte di Roma, ecco qua il Colosseo'". Solo che mi hanno doppiata! Io non avevo letto il contratto, c'era scritto: "Avremo la possibilità di inserire quello che vogliamo". Questa cosa dell'insert (come si dice in gergo) va sempre controllata, perché questi hanno inserito quello che volevano. Così quando io dicevo "Vi faccio vedere..." l'hanno cambiato in "Adesso vi porto a vedere un posto dove s'inculano tutti"! [ride] E io sono rimasta di sasso. Un porno! Ma ti rendi conto? Dunque gli ho fatto causa e naturalmente ho perso, avrei dovuto leggere il contratto.
Bisogna ammettere che, a vederlo oggi, è sicuramente un film curioso.
Un'esperienza bruttissima. Poi ho fatto un altro film con Adriano Celentano, anche lì come cantante. Zio Adolfo in arte Führer, facevo una specie di Marlene Dietrich. Il film non ha avuto nessun successo, Celentano diceva che era colpa mia.
Addirittura!
È perché lui era molto superstizioso e io nel film cantavo "Lilì Marlene", che secondo Celentano porta sfiga. E la cantavo tutta vestita di viola. [Ride] Più sfiga di così!
Comunque è diventato un film di culto. E invece quest'ultimo film che stai girando, com'è?
Sto facendo un film di Cosimo Messeri con Cristiana Capotondi. È divertente, una commedia, un film d'autore. Lui faceva l'assistente di Nanni Moretti, è un bravo regista. Quello che mi piace è che mi ha affidato questo ruolo da signora... non svampita, però che si diverte sempre, ecco. Mi piace il personaggio positivo, per lei va sempre tutto bene. Una di quelle che ha avuto cinque mariti, ma chi se ne frega. Infatti nell'ultimo disco ho voluto tenere un approccio un po' più positivo. Siccome ho scritto un sacco di canzoni sulle bugie, i tradimenti, gli amori che finiscono, le illusioni, ho pensato: "Facciamo un disco positivo, domani andrà tutto meglio". Ho voluto vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto.
E infatti si sente, è molto leggero, arioso, diverso dalle cose che hai fatto prima.
L'ultima canzone è "Smile", una canzone di Charlie Chaplin che dice: "Se il tuo cuore sta piangendo, se tutto va male, se il cielo è pieno di nuvole, sorridi che domani tutto tornerà chiaro, tutto andrà meglio". Quindi il messaggio è di speranza.
Ultima domanda… o hai ancora tempo?
Dai, parliamo ancora di cinema. In teatro ho fatto quattro o cinque commedie una dietro l'altra, l'ultima su una donna politica. Penso di avere più futuro sul palcoscenico, mi piace tantissimo recitare perché il contatto è immediato, in TV non ho avuto mai questa sensazione perché è tutto finto: "applausi", e via.
Del resto hai sempre sperimentato con ogni tipo di linguaggio.
Sì, ad esempio c'è un autore spagnolo che si chiama Fernando Arrabal, è un tipo po' particolare, come il vostro Carmelo Bene. Mi ha proposto un'opera teatrale che si chiama Dalí vs Picasso. È un incontro fra Dalí e Picasso, che si odiano, che si criticano… E uno non sa dipingere i volti, e l'altro fa gli orologi molli senza senso... [ride] È divertente come l'ha scritto, e quando l'ha messo in scena a Madrid ha avuto grande successo. Mi propone di recitarci a Parigi e io gli chiedo: "Chi devo fare, la moglie di Dalí?" E lui: "No no! Tu fai proprio Dalí! Con i baffi!" È matto! Mi propongono cose talmente strane… Però mi fa piacere che pensino di potermele proporre.
Secondo me è un'idea perfetta.
Comunque Picasso e Dalí si conoscevano bene davvero, eh. Erano molto amici quando erano giovani, a Barcellona uscivano tutta la notte a ubriacarsi andavano nei bordelli insieme. Poi si sono separati per via delle cose politiche, però ogni anni si mandavano una cartolina, sempre a luglio.
E un giorno io e Dalí dovevamo andare a New York, ma lui aveva paura dell'aereo, così prendemmo la nave. La nave partiva da Cannes, così andammo lì tre giorni prima dell'imbarco. Quindi siamo lì, è febbraio, e io mi annoio. Così dico a Dalí: "Che facciamo?" E lui: "Chiamiamo Picasso".
Ma dai.
Sì, perché lui viveva a Cannes. Allora lo chiama al telefono davanti a me, e io mi metto ad ascoltare la conversazione di questi due geni della pittura universale. Parlano del più e del meno, e Picasso fa: "Sei con tua moglie?" E Dalì: "No, sono con Amanda." "Amanda? E chi è quest'Amanda? Hai mollato tua moglie?" "No, ti spiegherò... Sono con questa ragazza che mi fa compagnia..." "Ma va'? Ti tira ancora?"
E allora questi grandi geni universali cominciano a parlare solo di sesso per dieci minuti! Impotenza, prostata... nient'altro! Non hanno parlato di Andy Warhol o di Jeff Koons... solo di cazzo! [Ride]
A proposito di sesso: è grazie a ciò che sei riuscita a superare la cortina di ferro. Come hai fatto?
All'inizio in Russia proibivano tutto e i miei dischi arrivavano nel mercato nero dall'India. Di conseguenza per i russi Amanda Lear era Marilyn Monroe, un sogno erotico, perché non l'avevano mai vista. Mi chiamavano in continuazione per farmi andare in Russia, ma volevano pagarmi in rubli e io volevo i dollari. E poi mi proponevano delle pellicce antiche, orrende, e io dicevo: "No, verrò quando avrete dei dollari".
E quindi non sei mai andata in Russia?
Poi sì, hanno tirato fuori i dollari! Sono andata tre o quattro volte a Mosca, San Pietroburgo. Lì è sempre un grandissimo successo perché mettono in piedi degli show grandiosi. Ricordo che l'ultima volta a Mosca avevo chiesto dei ballerini, perché la prima volta mi ero portata i miei e ce n'erano due di colore, e i russi sono spesso razzisti, e i miei ballerini non hanno più voluto tornarci. Allora mi hanno fatto trovare dei ballerini classici del Bolshoi, proprio bravissimi. E ho fatto questo spettacolo con cinque o sei ballerini che è venuto fuori… Tra l'altro lì erano venuti a vedermi un sacco di italiani: Riccardo Fogli, Toto Cutugno… erano tutti lì.
E non hai mai avuto problemi di censura?
Beh, all'inizio era un po' scioccante, poi si sono aperti. Ma questa cosa dello shock è una mia costante, mi ricordo ad esempio quando ho fatto Stryx...
...Del grande maestro Enzo Trapani!Eh sì! Dicevano che era una provocazione terrificante. Con me c'erano Patty Pravo e Grace Jones. E mi ricordo che a un certo punto, mentre cantavo, dietro di me c'erano delle comparse a seno nudo; una volta questa cosa era molto audace per la Rai.E una delle comparse era Barbara D'Urso!
Barbara D'Urso?! SCOOP!!!
Eh sì! [Ride] A me certe cose sembrano normali, non provocazioni, però capisco che per certa gente tutto quello che è un po' nuovo è problematico. Ma una volta la trasgressione era questa, ora lo fanno tutti e dunque la trasgressione oggi è una che va in chiesa, si sposa, è fedele... Che trasgressione!
A proposito di cercare cose nuove: tu sei una grande talent scout.
Una scopritrice di talenti! Non scopatrice… scopritrice! [Ride]
Beh, l'importante è il talento. Ad esempio, tu hai spinto molto Giuni Russo.
Giuni mi ha scritto una canzone che all'inizio non capivo, visto che non parlavo molto bene l'italiano: "Ho fatto l'amore con me". Mi piaceva molto, ma mi hanno spiegato dopo che parlava di masturbazione!
Chi è quello che sei riuscito a spingere di più fra nuove leve?
In questo momento Gianluca De Robertis. L'Italia è piena di talenti, ma andare in televisione è difficile. E poi non penso che questi talent show servano a qualcosa. Vincere una gara non vuol dire avere successo, penso che a decidere alla fine sia il pubblico. Per esempio, Miguel Bosè era divertente, l'ho conosciuto a diciassette anni. Suo padre me l'ha mandato a Londra dicendomi: "Ti mando mio figlio perché bisogna sverginarlo". [Ride]
Ma come? In che senso?
Il padre temeva che diventasse... gay? Un giorno, insomma, mi chiama Miguel e mi dice che è arrivato a Londra. Io temevo di doverlo mantenere ma per fortuna aveva dei soldi. L'ho sistemato in un albergo a South Kensington e gli ho chiesto cosa volesse fare, e lui mi ha detto che sognava di fare il ballerino. Sono stata io a insegnargli a muoversi, prima che venisse in Italia nel '79 e facesse il botto.
Ma, il successo, tu, l'hai cercato?
No, mai. Io ho sempre saputo che avrei avuto un destino diverso da mia madre e degli altri, ma non sapevo cosa significasse. Avrei potuto diventare una grande ladra, una criminale, una ballerina; sapevo solo che avrei avuto un grande destino. Io credo molto nel fato, altro che scuole, progetti... Magari esco da qui e incontro Woody Allen: "Amanda, finalmente! Ti cerco da una vita!" Io credo che le cose vadano cosi, è successo così con Berlusconi, che mi ha chiamato una notte e non sapevo neanche chi era; con David Bowie, la stessa cosa. È tutto successo per caso, e io credo molto nel tenere la mente aperta per accettare quello che arriva.
È tutto un gioco, è divertente, non sai mai cosa può succedere. Magari sbaglio, ho sbagliato tante volte, però è talmente divertente lasciar fare le cose della vita… Io dico sempre che mi sono rotta, che voglio andare in pensione, ma i miei amici dicono che mi annoierei. Quindi continuo a trovarmi cose da fare. E il bello di invecchiare è ci sono dei ruoli nuovi per te, delle cose molto interessanti. Si pensa sempre che si perda un po' la bellezza, ma è il contrario! I ruoli di Tennessee Williams, ma anche nella musica si trovano dei testi meravigliosi, come l'ultimo periodo di Nico ad esempio…
E tu la conoscevi?
Si, Nico era una grande amica.
Anche lei ha preso da Amanda?
Con lei c'era una certa somiglianza: gli zigomi, i capelli... poi s'è fatta rossa, me l'ha presentata John Cage, stavamo nello stesso albergo a Londra. Però c'è da dire che Warhol li ha sfruttati tutti, quelle presunte grandi star sono davvero durate i fatidici quindici minuti di Andy Warhol.
Ma visto che tu sei una superstar, spero che un giorno farai una copertina per qualche disco mio!
Yes! Ho visto quel video in cui ripeti per dieci minuti "l'Italia è musica" a Rai International, come Donna Summer quando dice "Love to love you baby"! Ma hai notato che, tornando alla disco, ho messo una cover di "Macho Man" nel nuovo disco? Perché ero fidanzata con Randy Jones, il cowboy dei Village People.
Nooo ma davvero? Ma non era gay?
Ma piantala! Diciamo che era un ragazzo moderno…
Dopo questa rivelazione eccezionale possiamo chiudere. Grazie mille, Amanda.
Mi dispiace che avervi fatti venire in un posto così, molto rumoroso. Ma a me piace il rumore