dimanche 12 mai 2019

Amanda Lear tacle à nouveau Madonna ...

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Amanda Lear a toujours dit qu'elle estimait que Madonna s'était inspirée de son style. Alors que la chanteuse américaine vient de sortir son nouveau single, Medellin, la star française persiste et signe sur Instagram.



Amanda Lear n'a pas hésité à tacler Madonna pour ses choix esthétiques dans son dernier clip. Pour la vidéo de Medellin, le nouveau titre issu de son nouvel album Madame X, aux côtés du colombien Maluma, la reine de la pop porte en effet un cache-oeil du coté gauche. Un accessoire qui a rappelé à la chanteuse et actrice française celui qu'elle avait porté dans les années 90.


« Il y a 25 ans. Après Bowie et Pete Burns, merci à Madonna d'avoir utilisé mon cache-oeil comme inspiration », a posté l'égérie de Salvador Dali sur Instagram.

Ce n'est pas la première fois que la star française accuse Madonna de lui avoir piqué son look. A l'époque de la sortie de Confessions on a Dance Floor, Amanda Lear avait en effet affirmé dans l'émission T'empêches tout le monde de dormir sur France 3 que l'interprète de La Isla Bonita avait entièrement « piqué » le look et l'attitude de ses années disco.

Des critiques auxquelles la Material Girl n'avait pas jugé bon de répondre. Madame X, le quatorzième album de Madonna, devrait sortir le 14 juin prochain.


samedi 11 mai 2019

Salvador Dalì e Amanda Lear, storia d'amore e d'arte che la moglie Gala adorò

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Salvador Dalì e Amanda Lear, storia d'amore e d'arte che la moglie Gala adorò
Nessun ménage à trois è stato più intenso, stravagante e colmo di bellezza di quello fra l'enfant terrible, la regina ambigua e la musa silenziosa di entrambi.

In un immaginario archivio degli amori di tutta la storia del mondo, se ne scovano alcuni che è possibile comprendere solo se si è dotati della capacità di dissociarsi dai luoghi comuni. Sono relazioni fra persone con affinità elettive non visibili a colpo d’occhio, che pur di stare vicine superano ogni possibile barriera, come la grande differenza d’età o il dettaglio che una delle due sia sposata. Questa è più o meno la base della liaison che negli anni 70 hanno vissuto Salvador Dalì e Amanda Lear, il grande pittore spagnolo e la ragazza di Saigon (una delle tante definizioni anagrafiche, dato che non si capirà mai bene dove e quando sia nata). E al centro, la moglie e musa di lui, Gala Dalì. Al tempo, Salvador Dalì era già un personaggio iconico, per usare un termine abusato. Amanda era destinata a diventare il mistero ambiguo della canzone internazionale, la cui eco non si è spenta nemmeno dopo l’ultima canzone incisa. Gala era solo Gala, e bastava. La protagonista di tante opere del marito, che per lei stravedeva. Nessuno dei tre era affetto da banalità, insomma.



Salvador Dalì e Gala si erano conosciuti nel 1929 a Cadaqués. Della compagnia, quel giorno, facevano parte anche René Magritte e sua moglie Georgette. Gala, intellettuale russa cresciuta a Mosca, era sposata col poeta Paul Éluard ma il loro matrimonio era in crisi. Per cui lei, pur essendo di 11 anni più grande del pittore spagnolo, iniziò senza rimorsi una storia d’amore con lui mentre Éluard si scelse un’altra compagna. Gala diventò subito la musa intoccabile di Dalì che nel 1934 la sposò a tutti i costi andando contro la volontà della sua famiglia, soprattutto del severissimo padre avvocato. Era la scelta giusta: Gala lo spinse ad avere fiducia nelle sue qualità artistiche e si prese l’onere di tenerlo lontano da tutte le necessarie incombenze della vita quotidiana, lasciandolo indisturbato nel suo mondo onirico da cui generava visioni mentre lei trattava con galleristi e mercanti d’arte. Anche un po' per questo accudimento, lui sarà sempre "l'enfant terrible" dell'arte. La dedizione di Gala a Dalì era tale che, dopo l'inizio della loro relazione, non si è più occupata della figlia Cécile avuta con Éluard, che all’età di 11 anni andò a vivere con la nonna e non ebbe modo di conoscere la madre più di un’estranea qualsiasi.



Come in un film, le coppie che si nutrono di arte non hanno mai uno stile di vita tradizionale. Dalì non era un uomo dalla sessualità prorompente, era poco interessato alla carnalità e molto più allo spirito e alla mente. Per cui, pare che Gala compensasse la sua esuberanza dei sensi con giovani amanti. Quando Dalì le regalò il castello di Pubòl, Gala ci trascorrerà sempre più tempo con i suoi amanti. Sembra che nel 1973 abbia intraprese lì dentro anche una relazione con Jeff Fenholt, protagonista di Jesus Christ Superstar a Broadway, che aveva 50 anni meno di lei. Questo è più o meno il quadro della situazione di casa Dalì quando nel 1965, Amanda Lear incontra il grande maestro in un club parigino, Le Castel. Per qualche mistero dei flussi e reflussi storici dell’estetica, in quel periodo, durato oltre dieci anni, le figure maschili e femminili più ammirate dai creativi erano quelle androgine. Amanda, androgina lo era molto e per questo verrà scelta anche per la cover dell’album dei Roxy Music For My Pleasure. Dalì aveva perso da poco la sua giovane musa Isabelle Collin Dufresne, detta Ultra Violet, che si era unita alla Factory di Andy Warhol. Di Amanda, Dalì dice subito di amare “il suo scheletro”, la sua snellezza. Ma non è colpito solo dal suo aspetto: capì subito che si trovava davanti una donna intelligente, con del talento da tirare fuori, e con il suo stesso gusto della provocazione.



Amanda mollò il suo fidanzato, il nobiluomo Tara Browne, che aveva ispirato la canzone dei Beatles A Day in the Life, e Dalì la attirò all’interno della sua vita con Gala. Questa, abituata già ai ménage à trois dai tempi del suo matrimonio con Paul Éluard, in cui avevano incluso per un periodo il pittore e scultore Max Ernst, la accoglie come amica e come un arricchimento della routine di coppia. Questo trio andrà avanti f'amore e d'accordo per quasi diciassette anni. Ma non in esclusiva. La storia d'amore parallela fra Amanda Lear e David Bowie durerà due anni. Dalì chiama pubblicamente Amanda “il mio angelo”, ma in spagnolo lo dice al maschile, dando vita alla leggenda dell’ambiguità sessuale della Lear, su cui lei non smetterà mai veramente di giocare. Lei, in seguito, definirà la loro relazione come qualcosa di valore altissimo e che non aveva proprio nulla a che vedere con le squallide storie da commendatori che hanno un'amante e raccontano un sacco di bugie alla moglie. Inoltre, quando in futuro una figlia naturale del pittore chiederà di fare riesumare la salma per il test del dna, Amanda coglierà l’occasione per spiegare l’impossibilità della rivendicazione perché Dalì non avrebbe mai avuto veri rapporti sessuali con una donna, e svelerà che durante le sue famose sortite nei bordelli con Picasso, lui si limitava al voyeurismo. In quei diciassette anni Amanda viaggia molto con Gala e Dalí. Lui la costruisce da capo a piedi, si dice che il nome d’arte Amanda Lear, che in realtà si chiama Amanda Tapp, sia un gioco di parole in francese sulla frase “l’amant Dalì”, l’amante di Dalì. Lui la educa all’arte portandola nei musei più importanti d'Europa. Le fa anche da insegnante di lusso – beata lei – di arte, moda, fotografia e musica. Lei posa per alcuni suoi lavori, tra cui Venere di pelliccia e Vogué, partecipa a molti dei suoi progetti, lo affianca durante le conferenze stampa e gli incontri con i media. La magia si concluderà prima nel 1982, con la morte di Gala, e poi nel 1989 con la scomparsa di Dalì che, senza la moglie, si era chiuso in se stesso. Amanda è ormai una star, la sua hit del 1977 Tomorrow è stato un grande successo, ha imparato tutto e bene dal suo maestro, su come attirare l’attenzione della gente. Quattro anni prima della scomparsa di uno dei più grandi artisti del 900 Amanda Lear ha trovato anche il modo di rendere omaggio al suo mentore con un libro, LA MIA VITA CON DALÌ. Che lui, entusiasta, approvò....


Salvador Dalì e Amanda Lear, una storia d’amore


Tra Amanda Lear e Salvador Dalì ci fu una storia d'amore durata più di sedici anni. Tra loro 40 anni di differenza ma un'incredibile affinità

MILANO – Salvador Dalì chiamava Amanda Lear “mio angelo”. La storia tra i due durò ben sedici anni, frutto di un’incredibile affinità mentale e spirituale.

L’incontro

Amanda Lear e Salvador Dalì si incontrarono in un locale notturno parigino di nome Le Castel, nel 1965. All’epoca la modella era accompagnata dal fidanzato Tara Browne, ma questo non impedì che tra lei e il pittore surrealista si creasse un’improvvisa sintonia. La Lear colpì Dalì grazie al suo fisico androgino e poco femminile, inusuale rispetto al modello di bellezza in voga all’epoca. Il surrealista la volle assolutamente come modella, e così Amanda divenne la sua musa. Fra loro si creò una stupefacente affinità spirituale. Nelle numerose interviste rilasciate dopo la fine della loro storia Amanda rivelò quanto fosse stretto il loro rapporto. Un ménage assolutamente non convenzionale ma una sorta di “matrimonio spirituale”, come Amanda stessa lo definì.



Il ménage a trois

Salvador Dalì, “L’enfant terrible” dell’arte, era pur sempre sposato, ma Amanda Lear ha accompagnato lui e sua moglie per circa quindici anni, trascorrendo ogni estate con loro. La moglie, Gala, era la migliore amica di Amanda. “Era molto più vecchia di Dalì, quindi non le interessava più di uscire con lui, se lo portava dietro da 50 anni. E il nostro era un ménage a trois. Dalì era innamorato spiritualmente di sua moglie Gala, ma amava anche me. Diceva che era pazzo del mio scheletro perché ero molto magra” ha dichiarato poi la Lear.

La musa

Amanda Lear ha posato per alcune opere di Dalí, come Venus to the Furs e Vogué, ha partecipato a molti dei suoi progetti cinematografici. Inoltre, molto spesso stava al suo fianco durante le conferenze stampa e gli incontri con i media, eventi che non di rado si trasformavano in veri e propri spettacoli con Amanda come figura centrale.


“Mio angelo”

Il fatto che l’artista spagnolo la chiamasse “mi àngel” usando il maschile, creò qualche problema e molta pubblicità alla Lear. Da quel momento nacque la leggenda della sessualità di Amanda: l’appellativo, complici la voce profonda e la mascella pronunciata, ha indotto la gente a pensare che la Lear potesse essere in realtà un uomo. Lei ha scherzato, ironizzato, cavalcato l’onda per la sua carriera, fino a smentire completamente le voci.

Oggi ...Amanda Lear May 2019  ...


mercredi 8 mai 2019

Amanda Lear: la donna che stregò David Bowie e Salvador Dalì

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È nata nel 1946 ad Hong Kong sotto il nome di Amanda Tapp e nella vita ha fatto qualsiasi cosa. Cantante, modella, pittrice, attrice, scrittrice, presentatrice e amante di grandi artisti. Quella di Amanda Lear è davvero una storia incredibile.

“Pensavo di essere brutta, brutta, brutta”



Amanda Lear è appena ventenne quando inizia a lavorare come modella. È alta, magra, poco sinuosa e non si piace per niente: “Ero cresciuta pensando di essere brutta, brutta, brutta. Ero troppo alta, ero troppo magra, i miei seni erano piatti, avevo gli occhi asiatici e gli zigomi di mia madre così sembravo straniera rispetto a tutte le mie amiche, la bocca era troppo grande e i denti erano troppo grandi, per questo non sorridevo mai. Poi Françoise Hardy esplose in Francia e tutto improvvisamente cambiò. Prima di lei dovevi assomigliare a Brigitte Bardot”.



L’incontro con Caterina Harlé è decisivo: la talent scout a capo di una delle più famose agenzie per modelle in Europa, scorge nella giovane Amanda Lear quel tipo di androginia che di lì a poco riscriverà i canoni estetici della moda. È il 1965, il fenomeno della minigonna sta esplodendo e porta un volto e delle gambe precise: quelle di Lesley Hornby, in arte Twiggy lo “stecchino”. I difetti diventano un patrimonio, la femminilità ridiscute la sue regole estetiche oltre che le sue posizioni politiche. E Amanda Lear inizia la sua folle carriera: Helmon Newton, Elle, Vogue, Mary Quant, Coco Chanel, Yves Saint Laurent.

Quando David Bowie perse la testa per Amanda Lear
È il 1973. Lei è nel pieno della sua carriera da modella, ha appena posato per la band inglese glam-rock Roxy Music. Sulla cover del loro secondo album, For Your Pleasur, tiene al guinzaglio una pantera, stretta in un tubino nero di pelle lucida. Lui nel 1973 ha appena finito la tournée del suo quinto album, quello che lo consacrerà alla fama eterna, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. In mezzo a rock-star dai look alternativi e trasandati, lui veste calzamaglie attillate, abiti psichedelici e decide di tingersi i capelli di rosso. David Bowie e Amanda Lear si incontrano grazie ad una foto e si innamorano guardando Fritz Lang. 



“Era il 1973: ero un po’ hitchcockiana, aggressiva, con una pantera al guinzaglio” ricorderà lei parecchi anni dopo. “Bowie vide quella foto e si fissò su di me. Mi voleva conoscere. Gli chiesi se conoscesse Fritz Lang e lui disse di no. Io ribattei che non era possibile. In un cinema di periferia proiettavano ‘Metropolis’. E allora, come regalo di compleanno, lo portai lì, a vedere quel film”.



Giovani, popolari, entrambi ambigui nel giocare su una presunta androginia costruita a regola d’arte proprio dal loro manager comune, Tony De Fries. Lui truccatissimo e senza sopracciglia, regala alla stampa aneddoti sulle sue avventure bisessuali. Lei mascolina e aggressiva, sospettata di essere nata “Alain” per poi cambiare sesso in “Amanda”. Bowie, taciturno e sempre malaticcio, riesce a sedurla fin dal primo incontro a casa sua, alle tre di notte. Amanda invece lo travolge con un bagaglio culturale fuori dall’ordinario, e che a lui manca. Un’attrazione chimica che durerà due anni per poi culminare in un’amicizia professionale. Di quell’amore intenso e consumato in fretta, Amanda ricorderà due cose su tutte: che fu David Bowie a scoprire la sua voce, a pagarle le lezioni di canto, a farle conoscere Elton John e Freddy Mercury fino ad incidere il suo primo disco. E soprattutto che “è stato l’uomo più truccato con cui sono andata a letto. Si dava più mascara di me, lasciava i colori sul cuscino”.



Amanda Lear, Salvador Dalì e sua moglie Gala: un matrimonio spirituale durato 17 anni
Un legame lungo 17 anni e distante da qualsiasi etichetta: Amanda Lear e Salvador Dalì si conoscono nel 1965 in un locale notturno parigino. Lei è magrissima, lui è sposato, ma si innamora comunque “del suo scheletro”. L’intesa è immediata, viscerale, e destinata a durare una vita intera: “Ma cosa ci sarà di così strano a stare in tre invece che due? Lo fanno tutti: dai re, ai principi, perfino i presidenti della Repubblica e molti comuni mortali”, così risponde Amanda Lear a chi cerca di comprendere l’inafferrabile, e intanto gli anni passano, mentre lei posa per lui, prende parte ai suoi esperimenti da cineasta, presenzia durante le serate di gala e sopratutto diventa la migliore amica di Gala, sua moglie.



Perché se c’è davvero qualcosa di curioso in questo ménage à trois, è l’incredibile intelligenza di queste due donne, che anziché considerarsi l’una l’ostacolo dell’altra, in qualche modo si sono amate… forse più di quanto abbiano amato l’uomo che condividevano: “Questa donna straordinaria fu di una generosità assoluta: mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Certo, per realizzare un triangolo come il nostro occorre una certa classe. Non eravamo la coppia del commendatore squallido, con la villa in Sardegna, che ha l’amante nascosta e mantenuta, a cui racconta in continuazione bugie. Volavamo molto alti, non ci nascondevamo mai, anzi, andavamo tutti e tre insieme in vacanza, alle prime teatrali, a Parigi, a Londra, a New York, eravamo felici e innamorati pazzi“.


Sessant’anni di carriera costellata da scandali e misteri, icona indiscussa degli anni Ottanta, citata e omaggiata nella cultura di massa: oggi Amanda Lear si è ritirata dalle scene e vive nel sud della Francia. Agli uomini preferisce i suoi gatti, ma la sua è ancora una storia piena di contraddizioni e segreti che non smettono di affascinare.